13 Gen Indice Glicemico e Carico Glicemico: 7 verità sullo Zucchero
Indice glicemico e carico glicemicoZucchero e alimenti processati: un pericolo sottovalutato che mette a rischio la Salute
Sempre più spesso, nei corridoi dei supermercati, i consumatori sono attratti da prodotti che recano etichette come “senza zuccheri aggiunti”, “light”, “zero calorie” o “a basso contenuto di zuccheri”. Queste diciture, sebbene rassicuranti, possono generare un falso senso di sicurezza soprattutto nei soggetti con predisposizione a disordini metabolici come diabete, sovrappeso o sindrome metabolica.
Tuttavia, la presenza o l’assenza dello zucchero tradizionale (il saccarosio) non è l’unico fattore a determinare l’impatto di un alimento sulla glicemia. Due concetti fondamentali, spesso trascurati anche nella comunicazione nutrizionale di base, sono l’indice glicemico (IG) e il carico glicemico (CG).
Cosa sono indice glicemico e carico glicemico?
L’indice glicemico (IG) è un parametro che indica quanto velocemente i carboidrati contenuti in un alimento vengono digeriti e assorbiti, provocando un innalzamento della glicemia (la concentrazione di glucosio nel sangue). Il valore di riferimento è il glucosio puro, a cui viene assegnato un IG pari a 100.
Gli alimenti con IG alto (superiore a 70) causano un aumento rapido e marcato della glicemia. Tra questi ci sono: pane bianco, patate lesse, riso bianco, corn flakes, dolci industriali, bevande zuccherate.
Non vanno demonizzati gli alimenti con alto indice glicemico, perchè ad esempio alcuni sono adatti in particolari condizioni nell’alimentazione sportiva.
Gli alimenti con IG medio (tra 56 e 69) determinano un rialzo glicemico più moderato, come: riso integrale, cous cous, succo d’arancia, banana matura, miele.
Infine, i cibi con IG basso (inferiore a 55) rilasciano glucosio in modo lento e graduale, favorendo un senso di sazietà più duraturo e una migliore gestione metabolica. Esempi includono: legumi (lenticchie, ceci, fagioli), avena integrale, mele e pere, yogurt naturale, verdure non amidacee, la cottura al dente di alcuni cereali.
Il concetto di IG è particolarmente utile per scegliere carboidrati che non generino picchi glicemici bruschi, ma andrebbe sempre affiancato al carico glicemico, che considera anche la quantità effettiva di carboidrati consumati in una porzione reale.
Il carico glicemico tiene invece conto anche della quantità di carboidrati contenuta in una porzione standard dell’alimento. È quindi un parametro più realistico per prevedere l’impatto glicemico effettivo di ciò che si mangia. In altre parole:
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IG misura la qualità dei carboidrati.
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CG misura l’impatto quantitativo e qualitativo combinato.
Secondo lo studio di Jenkins et al. (2002) pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, questi due indicatori sono strumenti utili per prevenire disturbi metabolici e per migliorare il controllo glicemico nei soggetti diabetici o insulino-resistenti [PMID: 12081849].
Perché è importante conoscere IG e CG?
Molti cibi processati, anche se non contengono zucchero aggiunto, hanno un indice glicemico elevato. Questo accade perché spesso contengono farine raffinate, amidi modificati, o zuccheri “alternativi” come maltosio, sciroppo di glucosio-fruttosio, destrine o altri dolcificanti industriali. Queste sostanze aumentano rapidamente la glicemia, generando una risposta insulinica importante.
A lungo andare, questo stimola l’organismo a produrre sempre più insulina, favorendo l’accumulo di grasso addominale e lo sviluppo di resistenza insulinica, una condizione pre-diabetica. Studi epidemiologici dimostrano un legame diretto tra dieta ad alto IG/CG e incidenza di obesità, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari (Augustin et al., 2002 – J Nutr) [PMID: 12042433].
I pericoli degli zuccheri nascosti
Molti prodotti industriali da forno, dolciumi, merendine e cereali da colazione presentano un elevato carico glicemico nonostante le apparenze. Questo perché contengono ingredienti ad alto IG: farina bianca, fecola, amidi modificati e dolcificanti economici come lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (HFCS), ampiamente usato in ambito industriale.
Uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition da Bray et al. (2004) ha evidenziato una correlazione tra l’aumento del consumo di fruttosio industriale e l’epidemia di obesità negli Stati Uniti e in altri paesi industrializzati.
Non solo: anche molti prodotti destinati all’infanzia, come succhi di frutta e merendine, contengono dosi eccessive di zuccheri semplici, spesso sotto forma di sciroppi (di glucosio, fruttosio, …). Questi zuccheri, somministrati in modo continuativo durante lo sviluppo, alterano la regolazione dell’appetito e compromettono la capacità di concentrazione e apprendimento (Ludwig DS, JAMA, 2002). Nel tempo instaurano un’instabilità nella gestione della glicemia portando a problematiche di salute: dall’iperglicemia, al diabete, obesità e sindrome metabolica.
La dose conta: il ruolo del carico glicemico
Un errore comune è credere che un alimento sano, come il riso integrale o la frutta, non possa aumentare la glicemia. In realtà, tutto dipende dalla quantità assunta. Il carico glicemico tiene conto della porzione: 50 grammi di pane bianco e 150 grammi di anguria possono avere IG diversi ma CG simile, perché la quantità totale di zuccheri disponibili incide quanto la velocità con cui vengono assorbiti.
Questo significa che anche alimenti con un IG moderato possono avere un impatto glicemico rilevante se consumati in grandi porzioni. Monitorare sia la qualità che la quantità dei carboidrati è quindi essenziale per una dieta bilanciata.
I dolcificanti: una falsa alternativa?
Molti prodotti “senza zucchero” contengono dolcificanti artificiali come aspartame, sucralosio, acesulfame K, sorbitolo o maltitolo. Sebbene abbiano basso o nullo impatto calorico e glicemico, recenti studi suggeriscono che questi composti possono alterare il microbiota intestinale e la regolazione dell’appetito, portando paradossalmente a un aumento del peso corporeo e a peggior controllo glicemico (Suez et al., Nature, 2014).
Inoltre, l’abitudine al gusto dolce – anche se indotto da dolcificanti – mantiene elevata la soglia di tolleranza al dolce e può aumentare il desiderio compulsivo di zuccheri.
7 consigli pratici per ridurre IG e CG nella dieta
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Leggere sempre le etichette e evitare prodotti in cui zucchero, sciroppi o amidi compaiono tra i primi tre ingredienti.
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Ridurre le porzioni di carboidrati raffinati e pane bianco.
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Preferire cereali integrali, legumi e verdure, che hanno IG e CG più bassi.
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Eliminare i dolci industriali in favore di preparazioni casalinghe con zuccheri integrali come mascobado o miele (in piccole quantità).
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Evitare i prodotti “light” o “senza zucchero aggiunto” se contengono dolcificanti o amidi modificati.
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Abituare il palato a gusti meno dolci, riducendo gradualmente l’aggiunta di zuccheri.
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Controllare la quantità totale di carboidrati giornaliera, usando app o strumenti nutrizionali per monitorare CG complessivo della dieta.
Conclusioni
Il controllo del peso e della glicemia non dipende solo dalla quantità di zucchero visibile, ma da un equilibrio più complesso che coinvolge indice glicemico, carico glicemico e dose totale di carboidrati assunti. Saper leggere le etichette, conoscere i meccanismi fisiologici e scegliere con consapevolezza sono strumenti di prevenzione potenti contro obesità, diabete e patologie metaboliche.
Non farti ingannare dalla pubblicità: il vero zucchero che fa male è spesso quello che non vedi, ma che il tuo corpo sente immediatamente.
IN QUESTO DIPINTO:
IL CONSIGLIO PER UNA MERENDA SANA E NUTRIENTE, SOPRATTUTTO PER BAMBINI E RAGAZZI.
Dr. A. Massetti

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